martedì 3 aprile 2007

Le parole del silenzio


L’aria calda entrava dal finestrino dell’auto completamente abbassato. Tutto attorno era silenzio e grandi spazi. Spazi di biondo grano che si muoveva come le onde del mare spinte dal vento.
Agnese guardava fuori, la testa appoggiata sulla mano che cercava di tenere fermi i capelli spettinati dal vento. Giampaolo guidava, anche lui con il finestrino aperto e il gomito appoggiato fuori. La strada era dritta e stretta, per fortuna non c’era nessun altro oltre loro.
Erano in viaggio già da un po’. Avevano abbandonato l’autostrada per seguire una piccola e sconosciuta strada che si perdeva tra i campi.
La meta? Un piccolo alberghetto, su un piccolo colle con una grande vista. Un po’ di serenità e tranquillità. Era da tanto tempo, forse troppo che Agnese a Giampaolo non riuscivano più a sentirsi. Qualcosa si era rotto, non erano più in sintonia viaggiavano su frequenze diverse. Anche il silenzio che parlava a loro, per loro e di loro non era più lo stesso. Ora era un semplice silenzio, vuoto e fatto di frinire di cicale, rumore del motore e radio che suonava, ma non di parole non dette.
Attorno tutto era estate. I campi gialli per il sole, gli alberi fronzuti e verdi, i profumi intensi di fieno e fiori, gli uccelli che volteggiavano nel cielo e il caldo, quel caldo che si appiccicava alla pelle fino a non farla respirare più. Mancavano pochi giorni alle vacanze, ma Agnese e Giampaolo avevano deciso lo stesso di concedersi un fine settimana diverso lontano dalla città, dalla sua afa asfissiante, dai suoi odori estivi mefitici, dai suoi rumori molesti che entravano nelle case dalle finestre lasciate aperte.
Si conoscevano da anni, ma si può dire che si conoscevano solo da un anno, quando in una afosa serata dell’estate precedente si erano guardati veramente per quello che erano. Lui le aveva chiesto di passarla insieme e lei aveva accettato. Così era cominciato il tutto o il niente. Quella notte si erano amati come mai avevano amato. I loro silenzi avevano imparato a parlarsi, si amavano. Non si ascoltavano più, si sentivano.
La macchina continuava a correre lungo la strada. Agnese un po’ stranita per la troppa aria guardava fuori, avrebbe voluto che il tempo si fermasse, avrebbe voluto che lui si fermasse, la guardasse come quella notte d’agosto di un anno prima e l’amasse ancora una volta con la stessa passione delle prime volte.
"Che spettacolo!" disse.
"Già", rispose Giampaolo senza neanche guardarla negli occhi, poi allungò la mano e gliela mise sul ginocchio più per abitudine che per affetto. Agnese in modo automatico rispose al gesto appoggiando la sua su quella di lui e gliela strinse, senza guardarlo.
Ancora silenzio.
Perché avevano smesso di sentirsi? Che cosa si era rotto? Cos’era cambiato? Nulla, era la risposta che si davano, non era successo nulla di diverso dal solito ed allora perché improvvisamente quel silenzio non raccontava più a loro di loro, ma era diventato assordante e fastidioso? Non ne avevano mai parlato, avevano quasi paura che a parlarne qualcosa si rompesse e che parole inopportune potessero rovinare tutto.
Agnese si voltò per guardarlo, le piaceva follemente. Giampaolo era tutto concentrato alla guida. Alto ed elegante era il ragazzo più bello con cui era mai stata. Indossava la sua solita Lacoste verde e i jeans. Teneva il braccio sinistro fuori dal finestrino mentre con il destro stringeva il volante. Portava gli occhiali che lei gli aveva regalato, un paio di Ray-ban a goccia con le lenti verdi. A vederlo così con quei capelli, le basette e i baffi sembrava uscito da un film degli anni ’70. I baffi, anche di quelli non avevano mai parlato. Dopo che lei aveva detto che i baffi su un uomo potevano essere assolutamente sexy, lui se li era lasciati crescere senza che lei ne facesse accenno. Sapeva bene infatti che se solo ne avesse parlato lui se li sarebbe tagliati immediatamente. Lei aveva imparato a conoscerlo, ad aspettarlo e lui aveva imparato a cercarla. Senza fare fatica, si erano trovati e tutto era naturale e normale come l’aria che respiravano.
Una folata di vento caldo riportò Agnese alla realtà. Rigirò la testa e la riappoggiò sulla mano con il tentativo di tenere fermi i capelli che le andavano sugli occhi. I campi di grano giallo oro continuavano a scorrere accanto alla macchina. Il sole ormai stava scendendo e in lontananza si vedevano dei corvi che volteggiavano.
"Giampaolo"
"Dimmi"
"Se ci fermassimo un secondo? E’ così bello qui che vorrei scendere un attimo dalla macchina e godermi il paesaggio".
"Come vuoi…..", rispose questa volta girandosi e guardandola dritto negli occhi.
La macchina accostò sul ciglio della strada. Il motore si spense, la radio smise di suonare e le cicale si fecero ancora più assordanti. Agnese scese, si ravvivò la gonna e i capelli e lo cercò con gli occhi. Giampaolo, era lì fermo appoggiato alla macchina che approfittando della breve sosta si stava facendo una sigaretta. A lei era sempre piaciuto come muoveva le mani. Mani esperte che sistemavano il tabacco sulla cartina che poi bagnava passandola delicatamente sulla lingua. Avrebbe tanto voluto essere lei quella sigaretta, guardata con desiderio, accesa con voluttà e fumata lentamente per godersela fino alla fine.
Invece nulla lei e quella sigaretta avevano in comune solo gli automatismi di lui, il rollare e il metterle la mano sul ginocchio. Movimenti e gesti che ormai faceva quasi senza rendersene conto, meccanicamente.
"Ti piace qui?", chiese lei avvicinandosi.
"E’ molto bello. Non avevo dubbi che mi avresti portato in un bel posto" rispose lui guardandola e sorridendole con dolcezza. A volte Agnese aveva la sensazione che lui avesse molta più stima di lei di quanto ne avesse lei per se stessa.
Si sorrisero, si fecero stretti. Lei gli si appoggiò addosso e lo baciò di un caldo bacio. Ancora una volta avrebbe voluto che il tempo si fermasse in quell’istante. Improvvisamente si staccò da lui, gli diede una carezza sul viso e risalì in auto.
"Andiamo? Altrimenti non arriviamo più, è tardi"………tardi per cosa poi, pensò subito dopo. Erano solo loro due, i campi di grano e il loro silenzio.
Il motore si rimise in moto, la radio riprese a suonare un pezzo disco anni ’80, il vento riprese a scompigliare i capelli e ad entrare caldo. E i loro silenzi improvvisamente ripresero a parlarsi come un tempo.

1 commento:

Anonimo ha detto...

bello,triste ma bello...e tanto vero...credo
by jump64